Indietro

News

Il futuro del packaging sarà sempre più Green

Mentre la Commissione Europea punta all'obiettivo del riciclo totale degli imballaggi in plastica entro il 2030, vediamo insieme qual è oggi la situazione nel settore.

'.$App->Lang->returnT('alt_default').'

La Commissione europea ha deciso di fare dell'Europa la capofila nella lotta alla plastica puntando, entro il 2030, al riciclo totale di tutti gli imballaggi plastici.

Una strategia che – come ha chiarito  il vice presidente della Commissione Frans Timmermans – non mira a colpire l'industria della plastica, ritenuta indispensabile per l’economia europea dato che occupa 1,5 milioni di persone nell’Unione, ma vuole offrire una risposta concreta all'emergenza inquinamento e all'invasione delle microplastiche nell'ambiente e nella catena alimentare.

Secondo i dati del WWF, infatti, ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani del mondo e, ad oggi, si stima che ve ne siano più di 150 milioni. È poi ben noto quali siano i tempi di decomposizione di questo materiale (mediamente 90 anni) ed il costo sociale che comporta l'inquinamento di  mari e fiumi.

A questo, poi, bisogna aggiungere il problema del depauperamento delle risorse utilizzate nella produzione: la plastica, infatti, è un derivato del petrolio e per produrre, ad esempio, un 1 kg di PET si consumano ben 2 kg di petrolio e 17.5 litri d’acqua.


La situazione dell'industria della plastica oggi

Ancor prima dell'introduzione di questa legge europea, e ben consapevoli della necessità di ridurre impatto ambientale e costi di produzione, governi e produttori di packaging in plastica hanno pensato di affrontare il problema adottando diverse soluzioni.

Da una parte optando per il Lightweight Engineering, ovvero riducendo il peso (del 25-30%) dei contenitori e di conseguenza la quantità di plastica utilizzata e, dall'altra, prevedendo l'uso di una percentuale di plastica riciclata (R-PET) nella produzione di un nuovo contenitore.

In alcuni casi (es. Germania) scelte politiche lungimiranti sono state capaci di generare una vera e propria valorizzazione del rifiuto: attraverso un sistema di riscossione della cauzione (25/30 centesimi di euro a bottiglia) la popolazione è incentivata a raccogliere e consegnare le bottiglie, riducendo così la quantità di rifiuti abbandonati e accelerando le operazioni di raccolta e riutilizzo.

Un'altra via, scelta da alcuni produttori, è la sostituzione di PE e PET con materiali di origine vegetale (PLA) derivanti dal compostaggio dell'amido di mais o dalla fermentazione della canna da zucchero. Si tratta di materiali biodegradabili al 99% che garantiscono tempi di decomposizione di soli 90-120 giorni.

Immagine

Europa unita ma non uguale

Premesso che l'uso di PET riciclato non incide affatto sulla funzionalità e sulle caratteristiche tecniche del packaging mentre, solo impercettibilmente, sul suo aspetto estetico (riduzione trasparenza), bisogna evidenziare come la percentuale di R-PET, ammessa per legge, sia diversa da paese a paese.

Se in Germania la percentuale massima consentita di PET riciclato è dell'80%, nel nostro paese raggiunge appena il 30%. Cosa significa questo? Che in Germania il petrolio e l'acqua necessarie per la produzione di una bottiglia sono limitate al solo 20%, mentre in Italia per ben il 70.

Siamo difronte ad un panorama legislativo molto variegato e complesso dovuto, per lo più, a ragioni politico-organizzative che, si spera, la recente risoluzione Europea finalmente dovrebbe riuscire ad uniformare.

Un mondo senza plastica è possibile?

Che la plastica sia imprescindibile per molti settori produttivi è ormai un dato di fatto, anche perché ad oggi non esistono alternative capaci di sostituirle la plastica al 100%: vetro, PLA o il recente PHA, non possono essere utilizzati in tutti gli ambiti e non offrono le medesime caratteristiche di PET e PE.

Ad esempio il PLA, richiede una gestione molto particolare da parte del consumatore, specie nell'ambito della raccolta differenziata. Per poter smaltire una bottiglia in PLA nel rifiuto organico, ad esempio, prima è necessario staccare l'etichetta, poi togliere i residui di colla ed, infine, separare il tappo (che è in PE). Inoltre, questo materiale si deforma facilmente già a 55°C ed offre una bassa tenuta della CO2, limitandone così l’impiego nell’imbottigliamento di acque e bevande gassate.

Quale futuro per la plastica?

L'unica soluzione possibile allo stato delle cose, dunque, è quello già intrapreso da molti paesi e al quale l'UE sta puntando: lo studio di soluzioni tecnologiche che consentano un'ulteriore riduzione del peso dei contenitori (quindi della quantità di plastica) e l'aumento delle percentuali di PET riciclato utilizzato.

Noi di DEMO già da tempo stiamo lavorando su queste alternative proponendo soluzioni complete e avanzate per la produzione di PET packaging a basso impatto ambientale, offrendo un servizio di gestione del progetto a 360°: dalla proposta di design alla progettazione del contenitore, dalla valutazione dell’impatto sulle linee di produzione alla conversione del neck, dalla costruzione dello stampo di soffiaggio sino all’installazione e avviamento della produzione.

Vuoi saperne di più? Contattaci.

Articoli simili

Torna su